Ma purtroppo sono bloccato da uno strappo inguinale rimediato alla partita di ieri sera...
Motivo in più per stare fermo e scrivere qualcosa? forse, ma ho anche molte altre cose da fare, e non posso permettermi di stare appresso a tutte.
Non me ne vado mica, sia chiaro! Anzi, tornerò presto, appena miglioreranno la gamba e, conseguentemente, l'umore... ma per ora vi lascio alla prima parte di un racconto scritto l'anno scorso!
Buona lettura!!!
P.s.: chi se lo chiede, il titolo del post è intenzionale! Lo so che si scrive "potrebbi"...
Mi sveglio che sono gia le
4 del pomeriggio. Apro gli occhi, ed osservo il soffitto, macchiato
qua e la dall’umidità. Uno spiffero leggero mi ricorda che ho
lasciato aperta la finestra anche stanotte. Come se bastasse questo
pensiero, il naso comincia a pizzicarmi, e mi tiro improvvisamente su
a sedere starnutendo rumorosamente. Tiro su col naso e mi guardo
intorno. Il mio appartamento è disordinato come sempre. Nonostante
sia un trivano in cui abito da solo, sembra che una tribù di indiani
si sia accampata ed abbia appeso pellicce dappertutto.
Sul comodino, la sveglia
lampeggia, segnando le 12. Fantastico, è nuovamente mancata la luce.
Dovrò nuovamente lamentarmi con il custode. E lui nuovamente mi dirà
che è colpa dell’impianto elettrico del palazzo, che è vecchio e
che andrebbe rifatto da zero.
Mentre ci penso mi guardo
intorno, alla ricerca dei miei pantaloni. Non ricordo dove li ho
messi, evidentemente ieri sera ho bevuto troppo. Come se fossi stato
ad un party.
E invece no. Sono stato
tutta la sera davanti alla mia Everest, aspettando che mi venisse in
mente un modo in cui iniziare il mio romanzo. Si, il romanzo. Quello
che mi farà sfondare e mi farà diventare ricco.
Mi alzo, vado in bagno a
darmi una lavata. Il bagno è sporco e sul pavimento c’è troppa
umidità. Apro la finestra del bagno, come se bastasse quel minuscolo
spiraglio ad asciugare l’acqua che c’è per terra. Apro il
rubinetto e mi lavo la faccia. Alzo lo sguardo verso lo specchio,
senza asciugarmi. L’acqua scivola sul mio viso, ostacolata da una
barba ispida di una settimana. Maledizione, non ho voglia di radermi.
Devo scrivere. Si, devo scrivere il romanzo.
Sei patetico Matt. Alla
tua età credi ancora nei sogni.
Dieci minuti più tardi
sono seduto alla scrivania, con la mia Everest davanti ed una grossa
tazza di caffè. Sfioro i tasti della macchina da scrivere, come se
accarezzassi la pelle di una donna. La guardo come se stessi
osservando con desiderio una donna. Le parlo, come se stessi
corteggiando una donna. E lei rimane ferma, silenziosa, impassibile.
Lei mi scruta fredda, come una donna.
Ok, sono pronto.
Sistemo il cuscino sulla
sedia, mi siedo composto e metto la schiena dritta. Poi faccio
schioccare le mani ed il collo.
Ora iniziamo.
Allungo le mani sui tasti
della Everest, pronto a spingerli, per imprimere sul foglio i
pensieri e le storie che la mia mente fabbricherà.
Rimango in attesa di un
input, mentre lascio i pensieri liberi di vagare, alla ricerca di uno
spunto. Rimango così per mezz’ora.
Poi, spazientito, mi alzo
dalla sedia, prendo la mia tazza di caffè ancora piena e mi
allontano dalla macchina da scrivere.
Forse mi serve un poco di
distrazione.
Colgo l’idea al volo, in
modo da non avere ripensamenti. Vado alla porta, prendo il cappotto
dall’attaccapanni ed il portafogli dal cassetto della scrivania.
Poi apro la porta ed esco. In pochi minuti sono nell’atrio del
palazzo, e subito dopo le strade di Manhattan si spalancano al mio
sguardo, piene di macchine, autobus, pedoni: un rilassante caos.
Comincio a camminare,
prendendo una direzione a caso. Poi mi accorgo che l’abitudine mi
ha portato a prendere una strada tutt’altro che casuale: la strada
del parco.
Venti minuti e 1 Kilometro
più tardi arrivo al parco. La calda giornata estiva mi ha fatto
sudare, perciò mi prendo un gelato da un venditore ambulante. Poi mi
siedo in una panchina e cerco di rilassarmi.
Ma nonostante la bella
giornata, il gelato ed il parco, non riesco a distrarmi granchè.
Sono ormai 2 mesi che
combatto contro quella pagina bianca, e non sono riuscito a scrivere
nient’altro che “Capitolo 1”.
Chissà come fanno i vari
King, Smith, Follet... E dire che loro avranno pure una scadenza per
consegnare i lavori. Gia, meno male che non ho una scadenza da
rispettare.
Ho tutto il tempo che
voglio per scrivere il mio racconto. Solo che se continuo così
morirò senza aver scritto nient’altro che “Capitolo 1”.
Scoppio a ridere, al
pensiero che un romanzo simile possa anche solo essere immaginato
come “incompiuto”, anche se effettivamente non mi vengono in
mente altri termini per descriverlo.
Finisco il gelato, e
mentre guardo gli uccelli, che volteggiano liberi nel cielo, mi
accorgo di invidiare King e colleghi.
Rimango al parco sino alle
6, poi quando il sole comincia a sparire all’orizzonte prendo la
strada di casa.
Mezz’ora dopo sono di
nuovo seduto davanti alla Everest. Da buon Ariete la cocciutaggine è
una mia caratteristica. Fisso il foglio bianco per un bel po’. Il
mio stomaco comincia a brontolare, riportandomi con i piedi per
terra. Mi convinco a mangiare qualcosa, forse a stomaco pieno si
lavora meglio. Forse.
Dopo cena la situazione
non è cambiata. Sempre foglio bianco. Sempre “Capitolo 1”.
Sempre nessuna idea.
Ormai è passata
mezzanotte, le gambe mi formicolano per la prolungata immobilità.
Mi alzo per sgranchirle e
per allontanarmi da quel maledetto foglio bianco.
Gia che ci sono vado in
cucina e mi prendo una birra. Mi scolo una lattina davanti al frigo,
ne prendo altre tre, e ne bevo un’altra quasi per intero prima di
tornare alla scrivania. E mi trovo a pensare a quando ho cominciato a
bere, appena 1 mese fa, nella speranza di evadere dalla realtà, per
fuggire dal bianco troppo puro di quello stramaledetto foglio che non
so come riempire.
Ed eccomi qui, un 26enne
disoccupato, quasi alcolizzato, con il sogno di diventare scrittore.
Improvvisamente il quadro della mia vita si forma davanti ai miei
occhi, ed io non posso fare a meno di osservarlo e provare disgusto.
Quanto hai realizzato
nella tua vita, Matt?
Quanti obiettivi ti sei
prefisso ed hai portato a compimento?
Nessuno.
Ed ora stai qui, a
dichiarare la tua resa davanti ad un foglio bianco. Guardalo. Guarda
come sta beato, tra i rulli della Everest. Guarda come si diverte a
schernirti.
E improvvisamente mi
accorgo di essere in piedi, e sto guardando il foglio.
Lo vedo VERAMENTE ridere
di me.
Poi scopro di essere
sbronzo, e faccio tutto senza poterlo impedire, come se fossi
semplicemente uno spettatore. Sollevo la macchina da scrivere e la
scaglio violentemente sul pavimento, dove in un tonfo sordo si piega
e si spacca, perdendo vari pezzi.
Sfinito, mi lascio cadere
sul letto, ed immediatamente mi addormento.
2 commenti:
Vuoi un consiglio? Inizia a scrivere. Ogni giorno.
King scrisse che scrivere è un lavoro a tutti gli effetti, e non importa quanto poco tu abbia in mente, non lasciare che il foglio rimanga bianco, inizia a scrivere, il resto arriverà da solo, sta tranquillo e non andare in panico.
Ho letto solo ora il tuo commento... che dire? son d'accordissimo. Spesso mi capita di trascurare la scrittura, e quando alla fine decido di dedicarle del tempo, tutte le idee che mi frullavano in testa spariscono. Allora inizio a scrivere una cosa qualsiasi, ad esempio come è stata la mia giornata, e poco per volta la mente si libera... e prima che me ne renda conto mi trovo immerso nella scrittura di un racconto.
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